di Paolo Cavaleri
CINETICA – È normale non farsi molte domande sul nostro modo di vivere, si sa, quando una cosa fa star bene la facciamo: coltivare un hobby, nutrirci come preferiamo, avere una macchina più bella, e ancora meglio, ottenere un impiego ben retribuito. Sia chiaro, ognuno, per il principio della felicità personale, ha il diritto di perseguire un’armonia interiore … già, armonia.
In questi primi vent’anni degli anni duemila, è molto possibile che tu abbia sentito parlare di cambiamento climatico, scelte green, energia rinnovabile e altro ancora. Sai, quello che ci affanniamo tanto a raggiungere, questo ricercato equilibrio fra ciò che vogliamo e possiamo lottando contro il tempo, sono in realtà i desideri indotti da un modello occidentale che non solo si è allontanato da un senso delle cose, ma ha volutamente denigrato pian piano nel tempo quello da cui è partito anni addietro:
la nostra società è energivora, antilogica, ci siamo allontanati e abbiamo dimenticato ciò che era semplice, visibile e alla portata di tutti; la Natura.
Seguimi, perché questo documentario è la prova provata che quando fra esseri umani vi è disequilibrio, e i molti stanno sotto il tallone di pochi, allora si crea la realtà disumanizzata che viviamo ogni giorno.
Before the Flood – Punto di non ritorno (2016).
“ Dobbiamo confrontarci sui consumi fra le etnie: mediamente un americano consuma un quantitativo di elettricità 1,5 più grande di un francese, 2,2 di un giapponese, 10 di un cinese, 34 di un indiano, 61 di un nigeriano. Questo perché costruite edifici sempre più imponenti e consumate più rispetto al passato, sono convinta che la questione dello stile di vita e dei consumi debba essere posta al centro del dibattito sul clima ” .
Sunita Narain a Leonardo Di Caprio
Questo filmato inizia con una rimembranza dell’attore hollywodiano.
Figlio di un fumettista underground, suo padre era un rappresentante della controcultura americana e conobbe personaggi come Andy Warhol. Ammirando la stampa originale che aveva da bambino di un’opera di Hieronymus Bosch pensata a metà cinquecento, Il giardino delle delizie, ne contempla i pannelli raffiguranti diversi contesti: dai progenitori umani Adamo ed Eva, per passare dalle passioni terrene fino a mostrare un paesaggio oscuro:
– “Un paradiso che è stato inaridito e distrutto”- cita il narratore-attore.
Con questa riflessione trova similitudini con la condizione del presente che stiamo vivendo.
Da qui parte il racconto ispirato dalla sua personale sensibilità, domandandosi se è possibile cambiare una rotta che sembra già avviata verso un irrimediabile cambiamento climatico del nostro pianeta, per ripristinare il vero equilibrio Uomo-Natura.
Alla ricerca di un senso
Con il segretario generale delle Nazioni Unite si prepara al messaggio più importante da diffondere riguardo al cambiamento climatico.
Nominato ambasciatore di pace per l’ambiente ha intrapreso un viaggio per trovare soluzioni alla più grande sfida del nostro secolo: nuove risorse energetiche per vivere il prossimo futuro.
Questa è un’esperienza intorno al mondo per prendere consapevolezza del nostro stile di vita.
Dal lavoro sul set all’arcipelago Artico canadese
Sui luoghi del film The Revenant, con il quale vincerà l’Oscar, si prende coscienza con vecchi fotogrammi nell’epoca della caccia.
Qui si nota come gli uomini non erano ancora consapevoli dello sterminio di alcune specie animali.
Di Caprio si interroga sulle specie estinte e sulla compromissione dell’ecosistema.
Questo oggi è destabilizzato da carbone, petrolio e gas naturali perché pilastri energetici dell’economia.
Il problema sembra essere anche il metodo di estrazione: esplosivi per ricavare il carbone; fracking per i gas naturali; piattaforme petrolifere di perforazione; sabbie bituminose per carburanti fossili; deforestazione.
Confrontandosi con Jake Awa abitante dell’isola di Baffin nell’arcipelago canadese, l’attore ascolta come sia cambiata la pesca nel corso del tempo, il colore del ghiaccio da blu e solido è passato a una consistenza minore e di colore azzurro: si prospetta così la possibile navigazione dell’uomo nel 2040.
Il problema è che l’Artico se scomparisse modificherebbe le correnti e dei cicli climatici causando inondazioni e siccità, una trasformazione che non abbiamo mai vissuto.
La Groenlandia: sentore del presente per cambiare il futuro
Jason E. Box dimostra che in cinque anni in Groenlandia si sono sciolti nove metri di profondità nel ghiaccio, ovvero centinaia di chilometri cubi che si sono riversati in mare. Anche se la temperatura dovesse rimanere invariata, la Groenlandia sarebbe destinata a scomparire. Il ghiaccio riversato in mare innalzerà il livello dell’Oceano.
Primo segnale dalla Florida
Il sindaco di Miami Beach Philip Levine ha investito quattrocento milioni di dollari per i prossimi cinquant’anni al fine di evitare l’allagamento delle città costiere: pompe elettriche e innalzamento del suolo stradale. Anche se localmente qualche misura preventiva è stata presa, è al livello nazionale che si eludono le responsabilità: politici della Florida non recuperano fondi federali per progetti mirati alla messa in sicurezza dell’ambiente naturale, perché ? Per interesse personale.
Il problema, come afferma l’interlocutore di Di Caprio, è che:
– “l’oceano non è né repubblicano né democratico ma sa bene come innalzarsi” – .
Il disinteresse dei ricchi, le ragioni della scienza e il mancato cuore della politica
Il Dottor Michael E. Mann ha fronteggiato una vita la disinformazione pagandone le spese, denigrato e deriso da anni, ha pubblicato con altri studiosi un grafico che certifica come la Natura stia per cambiare.
Non interessati a un dibattito reale, i grandi industriali del mondo foraggiano direttamente i parlamentari che si vendono alla mala causa dei combustibili fossili. La comunicazione dei media inganna con nomi altisonanti di aziende che alludono a un idea green, che di sostenibile non ha niente nel suo programma.
I politici che beneficiano del denaro proveniente dal settore petrolifero sono i primi distruttori dell’equilibrio millenario naturale fra uomo e Natura.
Cina: primo produttore-inquinatore del mondo
Ma Jun, direttore e fondatore dell’istituto degli affari pubblici e ambientali, spiega che negli ultimi trent’anni la Cina anche oggi è la fabbrica del mondo perché in prima linea sui processi di urbanizzazione e industrializzazione. Ma a quale prezzo? La salute delle persone è in pericolo e hanno subito cominciato a predisporre accorgimenti: una banca dati sulle emissioni nocive di 9000 fabbriche cinesi ogni ora è aggiornata e viene consultata dai cittadini per avere la situazione sotto controllo. Qui, a differenza dell’occidente, i media orientali hanno posto nell’occhio del ciclone la questione ambientale, e così sotto osservazione dell’opinione pubblica, queste fabbriche e uomini di business possono essere sensibilizzati a una causa più sostenibile. Le persone avendo a cuore la salute dei loro figli si sono meglio informate e la politica sta virando sulle energie rinnovabili.
-“ Daremo priorità al vento e al sole piuttosto che al carbone ” – .
Queste le parole del climatologo Alvin Lin. Transizione non facile e immediata ma coscienzialmente giusta.
La scelta obbligata dell’India
Sunita Narain, attivista e ambientalista indiana, conferma che il problema più diffuso per la sua nazione è l’accesso all’energia: 300 milioni di persone utilizza lo sterco di mucche per cucinare, ma avendo una vasta riserva di carbone, fra le prime tre del mondo, si apprestano sempre più all’utilizzo di questo perché più economico. Attingendo da una risorsa più abbondante ma evidentemente dannosa ripeteranno i nostri stessi errori. Non è facile dunque vivere in povertà e essere giudiziosi sulle scelte ambientali, perché anche se la soluzione per ripristinare l’equilibrio uomo-Natura è l’energia rinnovabile, in India non vi sarebbe nessuno che ha le risorse per investire. L’India è anche testimone delle alterazioni dei cicli naturali, le piogge che si distribuivano in mesi cadono oggi in pochi giorni se non ore, distruggendo il raccolto di alcuni contadini locali, loro reale fonte di sopravvivenza.
A Kiribati in Oceania e a Palau nel Pacifico
Anote Taong, Presidente dello Stato di Kiribati, conferma che le inondazioni hanno compromesso i bacini idrici che forniscono acqua potabile, e di eguale importanza, l’Oceano sta mangiando la terra degli uomini. Per questo il governo si è preoccupato di comprare uno spazio nelle isole Fiji dove potrebbero essere al sicuro per una nuova vita. Il presidente della Repubblica del Palau, H.E. Tommy E. Remengesau, mostra dove fino a pochi anni fa le persone abitavano e come ora le nuove spiagge sono fisse compagne delle onde che avanzano.
Architetture marine e foreste pluviali in estinzione
Jeremy Jackson, ecologista marino, argomenta la sua teoria sull’interferenza dell’uomo e di come il pesce sia destinato a diminuire, questo perché l’oceano non riesce più ad assorbire il diossido di carbonio per stabilizzare il clima. Lindsey Allen sembra confermare questa visione: come il mare anche le foreste pluviali assorbono le nostre emissioni, è così da secoli, ma incendiare le foreste per ricavare l’olio di palma accelera questa bomba ecologica. La foresta amazzonica in Sud America, quella del Congo in Africa e l’ultima nel Sud-Est asiatico che si estende in Indonesia, sono le tre grandi foreste pluviali del pianeta, rappresentano l’ultimo baluardo contro una scellerata linea industrio-finanziaria, per la produzione dell’olio di palma, che avanza per arricchire gli imprenditori e le grandi catene di distribuzione alimentare a sfavore dell’equilibrio uomo-Natura. I primi a risentirne sono i naturali e legittimi abitanti delle foreste: gli animali. Ovviamente se la flora viene danneggiata anche la fauna viene compromessa, in Indonesia, l’ecosistema di Leuser, è l’ultimo posto al mondo dove vivono elefanti, rinoceronti, oranghi e tigri in libertà. Farwiza Farhan e Ian Singleton parlano a Di Caprio per criticare le scelte orientate solamente al business. Questo danneggiando la Natura porta malessere anche alla nostra salute.
Coscienza alimentare come primo passo verso un mondo più umano
Sapevate che acquistando un semplice prodotto alimentare, come delle patatine in busta possiamo essere i diretti finanziatori della deforestazione nel mondo? Proprio così, ed è per la onnipresenza dell’olio di palma nei prodotti commerciali. Che fare dunque?
Gidon Eshel, ricercatore e insegnante, ritiene che sarebbe possibile fare qualcosa per invertire la rotta al disequilibrio uomo-Natura modificando la propria alimentazione. Dagli anni settanta la deforestazione in America si perpetua per far spazio all’allevamento intensivo di bovini per la filiera alimentare della carne, in più altra terra è adoperata per coltivare le piante che nutriranno questi animali destinati al macello e non frutta e verdure per alimentare direttamente le persone. Il consumo della carne rossa potrebbe gradualmente essere sostituito con quella bianca, lo dimostra il fatto che l’utilizzo della terra per allevare pollame impiega l’80% in meno del terreno per allevare bovini. Ancora più sostenibile sembra essere il consumo di alimenti completamente vegetali come riso e frutta. Vi è una considerazione da tenere presente, noi rilasciando anidride carbonica alteriamo i processi naturali ma i bovini emanano grandi quantità di metano che è un gas serra, e una molecola di questo incide come ventitré di diossido di carbonio.
La partita da giocare contro l’industria fossile
Elon Musk, genio, inventore e fondatore della Tesla Gigafactory, è convinto che i grandi imprenditori dei combustibili fossili non molleranno l’idea di continuare a fare profitto, quindi crede di poter sensibilizzare le persone per limitare i danni al pianeta, ideando la costruzione di alcune batteria a basso.
Musk immagina il terreno dove poter giocare la sua partita, immagazzinando energia dal sole potrebbe alimentare il mondo intero. Sembra che per una transizione completa servirebbero altre cento basi operative come la Gigafactory, ma la Tesla non riuscirebbe a realizzarle senza il supporto delle grandi aziende, e per incentivare l’idea e scoraggiare gli attuali investitori dell’energia fossile, visto che il tempo stringe, si è proposta la tassazione.
Carbon Tax e la Earth League fino all’Accordo di Parigi
Gregory Mankiw, professore di economia all’Università di Harvard, suggerisce una tassa su tutte le attività che emettono CO2, per questo propone di coinvolgere ogni americano in scelte quotidiane più sobrie.
La mission sarebbe orientare le decisioni comuni su un sentimento ecologico, così anche la classe politica potrebbe cambiare opinione. Negli ultimi dodici mila anni l’atmosfera del pianeta è rimasta stabile, ma le variazioni sul clima portano gli studiosi ad ipotizzare parti del mondo dove la terra ha iniziato un processo di auto riscaldamento e quindi la vita diventerà impossibile. È dagli anni novanta che le conferenze tra diverse potenze sul clima vanno avanti, ma da quando gli USA e la Cina, ovvero i più grandi produttori di energia, si sono incontrati, è aumentato il desiderio di un’esistenza più sostenibile.
L’accordo di Parigi ha mirato a una ferrea decisione, in virtù di guerre, carestie e paura di un estremismo sociale, quella di potersi accordare sulla gestione delle risorse per un migliore futuro, ma sembra non essere bastato.
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La necessaria transizione per l’energia sostenibile sarà la scacchiera su cui muovere i primi pedoni.
In questi tempi, energivori e devoti al dio denaro, perfino la cultura orientale sembra aver perduto la sua compassione e aver abbandonato un equilibrio per la logica del profitto.
Forse il nostro tempo sarà quello dove oriente e occidente si fonderanno per dare all’efficienza energetica del futuro un equilibrio condiviso e una prospettiva morale dei consumi.
Nella speranza che questo monito possa infondere curiosità e porre domande su un mantenimento della vita fra uomo e Natura, auspichiamo che il sistema comunicativo possa parlare chiaro alle persone e non indottrinare dogmi di fede utili a un tornaconto personale di industriali fautori di parlamenti corrotti.
La natura è l’unica madre non umana ma umanizzante che può lenire i dolori dei desideri indotti di una società tecno-capitalistica e, in questo momento dove in pochi decenni di industrializzazione abbiamo inciso nelle risorse di un ecosistema globale, saranno le piccole scelte profonde come l’alimentazione, la utile mobilità e il consumo energetico necessario a poter migliorare il nostro stile di vita occidentale.
Le scelte radicali portano a salvare le fondamenta di una società per poter prosperare in un terreno nuovo. Dal generale (inquinamento, riserve energetiche e metodi di estrazione) al particolare (stile di vita sostenibile) e da questo di nuovo al generale per poter scuotere la coscienza di una sensibilità green che sta muovendo i passi da decenni, e che per farla correre servirà lo sforzo di tutti.
Suggerisco una massima dall’origine e attribuzione incerta: sembra stata esser pronunciata dal capo indiano Sioux Toro Seduto, che da pellerossa osservava confutando pacificamente l’uomo bianco desideroso di colonizzare, possedere e “civilizzare” , perché la natura possa essere più di uno spettacolo da ammirare, perché possa essere quello che è davvero, una trascendente compagna di vita:
“Quando avranno inquinato l’ultimo fiume, abbattuto l’ultimo albero, preso l’ultimo bisonte, pescato l’ultimo pesce, solo allora si accorgeranno di non poter mangiare il denaro accumulato nelle loro banche”
Buona visione